Settembre 2022 – Inaugurazione dell’ospedale “Les Anges Gardiens” ad Anivorano

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Finalmente si riparte! Sono trascorsi tre anni dal nostro ultimo viaggio in Madagascar. Un arresto forzato dovuto alla pandemia Covid 19 che non ci ha  impedito di continuare a gestire i progetti messi in cantiere. Ora si tratta di ritornare nei villaggi di Analaroa ed Anivorano est per verificare quanto realizzato.

La missione sembra non iniziare bene: a poche ore dalla partenza, la compagnia aerea ci avverte che il volo è stato annullato ed avremmo potuto imbarcarci solo tre giorni dopo. Non è cosa gradita perché ogni giorno prevede un preciso programma ed il mancato arrivo fa saltare appuntamenti, pernottamenti alberghieri, trasferimenti. Facciamo buon viso a cattiva sorte e con il provvidenziale aiuto delle suore riusciamo a riorganizzare il viaggio. È tarda notte quando il 20 settembre saliamo, carichi di bagagli, sul comodo pulmino fornitoci dall’amico Alfredo e guidato da Luciano. Raggiungiamo Venezia all’alba e finalmente prendiamo posto sull’aereo con destinazione Parigi, quindi Antananarivo. Dopo sedici ore di viaggio scorgiamo dagli oblò le luci della città ed un leggero sussulto ci annuncia che abbiamo toccato terra; siamo nuovamente in Madagascar. Sbrighiamo pazienti le pratiche di sbarco e, recuperati i bagagli, usciamo dall’aeroporto. Un agitarsi di mani attira la nostra attenzione; sono quelle delle suore che ci stanno aspettando. Scambiamo abbracci e strette di mano nella gioia di un incontro a lungo rinviato. Ci sono anche Rakoto ed Edmond, gli storici autisti delle Orsoline, che ci vengono incontro e si prodigano nel sistemare sui fuoristrada le ingombranti valigie, pronti ad accompagnarci in albergo.  Nonostante l’oscurità e le poche luci che illuminano le strade deserte riusciamo ad individuare qualche riferimento memorizzato in passato così che il percorso diventa famigliare. Nell’aria calda il mescolarsi del profumo della terra, delle spezie, dell’eucalipto crea un odore originale, tipico di questa città. È lo stesso odore che annusiamo al mattino risvegliandoci.

In viaggio per Analaroa

In viaggio per Analaroa

Il tempo per una veloce colazione e per organizzarci ed eccoci già in partenza per Analaroa. La città è alle nostre spalle e gradualmente ci immergiamo in un paesaggio che si colora di rosso, sempre più brullo, punteggiato da isolati villaggi. Le strade da quando le abbiamo lasciate qualche anno fa non sono cambiate. Buche, fossati, canali si susseguono e sembrano gareggiare tra loro nel voler catturare le ruote dei nostri fuoristrada, ma conosciamo i trucchi per superare gli ostacoli e veloci proseguiamo. Anche Analaroa non è cambiata, con le sue case di terra rossa ai margini della via, la piccola piazza, il banco del macellaio ricoperto di mosche, i volti degli abitanti che sorridono nel rivedere gli amici Vasaha ed il dispensario con suor Monica, suor Odile, suor Louise e la matriarca… suor Catherine! Neanche il frastuono dei bambini che saluta il nostro arrivo è cambiato né lo sventolio delle bandierine né l’emozione che proviamo nell’incontrarli e che affiora in qualche lacrima difficile da trattenere. Il riassaporare la presenza di queste piccole figure dalle gambe incurvate, dai piedi ruotati, dalle schiene piegate che si aggrappano alle nostre gambe cercando e donando affetto non può lasciare indifferenti. Respiriamo un’aria pulita, fatta di sentimenti innocenti e sinceri. Sì, siamo a casa.

Tre giorni passano come un lampo. Tante le cose da fare. Il controllo della farmacia, la sistemazione dei materiali inviati con il container, l’ispezione del blocco operatorio, la verifica del parco giochi. Filippo e Giorgio testano con suor Louise il programma informatico che Filippo ha realizzato  per gestire la farmacia.

La prima elementare di Analaroa

La prima elementare di Analaroa

Costantina, Lucia e Guido sono sommersi dai bambini della scuola e raccolgono dati, fotografano, distribuiscono matite e quaderni. Gianfranco corre di qua e di là tamponando le falle di un impianto idraulico che… fa acqua da tutte le parti. Roberto controlla, sistema, cataloga, riordina e cerca di dare una risposta alle tante richieste che gli vengono fatte. Enrico verifica  i lavori eseguiti in nostra assenza e da lui coordinati nonostante i 9000 km che lo separavano da Analaroa. L’ospitalità delle suore è commovente e ci fa dimenticare problemi e fatiche che fino all’ultimo giorno accompagnano il nostro lavoro. Per ultimo ci riserviamo di individuare un’area dove dar sede al nuovo progetto cui stiamo pensando: una palazzina destinata  ai bambini, non solo del dispensario, dedicata alla loro igiene personale con docce, gabinetti, spogliatoi. Non manca una  una breve visita ad Ambatomanoina, dove siamo accolti con un calore che ci sorprende.

La gioia dei piccoli sui nuovi giochi

La gioia dei piccoli sui nuovi giochi

Nel giardino della scuola materna troviamo installati i giochi ricevuti dalla ditta Holzhof  e non possiamo avere dubbi su quanto siano stati graditi quando vediamo i piccoli ospiti arrampicarsi come furetti sulle scale del castello, lanciarsi nello scivolo, dondolare sull’altalena, sobbalzare su cavallini ed altre sagome molleggiate ed infine rincorrersi e competere per la conquista di un nuovo gioco.

Il tempo è scaduto, salutiamo Analaroa e ripartiamo per Tanà dove passiamo la notte, pronti l’indomani a raggiungere Anivorano. Qualcuno di noi accenna qualche colpo di tosse, ma non ci fa caso. Ripercorriamo la tortuosa ed infinita strada che ci condurrà alla meta e che già conosciamo. Saliamo e scendiamo verdi colline di bananeti e boschi d’eucalipto per imboccare  dopo otto ore di viaggio  l’ultimo tratto di pista, uno sterrato che ci fa sobbalzare non poco sui sedili del fuoristrada. È ormai sera quando intravediamo le luci del villaggio.  Veniamo accolti da un canto di bambini, di uomini e donne. È il saluto di benvenuto; ci stanno aspettando per accompagnarci alla piazzetta del dispensario. Un gracchiante altoparlante diffonde musica malgascia al cui ritmo veniamo invitati a ballare.

L'accogliena ad Anivorano

L’accoglienza ad Anivorano

Cinti con il tipico Lambahoany, un pareo annodato in vita, nonostante la stanchezza e suscitando non poche risate, cerchiamo di imitare goffamente le movenze di ballerini più esperti. Il saluto del sindaco, la consegna di doni, le mani che ci vogliono stringere distolgono i nostri occhi da ciò che ci circonda fino a quando dall’oscurità della sera africana emerge il nuovo ospedale. Quello che per mesi solo i disegni di Enrico ci avevano fatto immaginare ora è qui davanti a noi, reale, con la sua lunga parete bianca intervallata da porte e finestre, il giardino curato ed un grande murale dominato dalla figura di un angelo che protende le ali. Un simbolo di aiuto, ma anche un ricordo che lega questa terra al nostro Trentino, al vecchio ospedale pediatrico “Angeli custodi” di Trento. “Les Anges Gardiens” rinasce ora qui, ad Anivorano. Guardo gli occhi di Enrico velarsi, perché è impossibile non commuoversi nel toccare con mano ciò che sino ad ieri è stato un sogno.

Finalmente a letto, carichi di stanchezza e di emozioni. Quando ci svegliamo il villaggio è già in piena attività. Tra di noi i colpi di tosse iniziano ad essere più frequenti e ad interessare più d’uno, ma non importa; il lavoro che ci aspetta è tanto ed il tempo poco. La festa inaugurale si avvicina. Provvediamo ad aprire i numerosi pacchi inviati con il container ed a recuperarne il contenuto. La nuova struttura si trasforma in un formicaio: donne e uomini si muovono in sinergia nello svolgere i compiti assegnati: chi monta scaffali, chi armeggia con gli armadi, chi allaccia tubature, chi controlla strumenti, chi pulisce e riordina ed anche chi sosta per un meritato caffè. Lucia e Costantina inseguono freneticamente i bambini cui sono destinati i nostri aiuti per la frequenza scolastica e si prodigano nel completare schede e nel fotografare volti.

La nuova barca-ambulanza

La nuova barca-ambulanza

L’unico momento della giornata in cui possiamo riposarci è la sera quando, dopo la consueta ottima cena delle suore, Guido e Giorgio ci concedono spassosi canti e balli che coinvolgono, divertite, le ragazzine ospiti del dispensario. In agenda c’è il collaudo della barca che abbiamo attrezzato da ambulanza fluviale. La troviamo ormeggiata sulla riva del fiume Rianila; spiccano la croce rossa dipinta a prua, il bianco dello scafo, la tenda azzurra di copertura. Nonostante qualche problema con il nuovo motore riusciamo ad apprezzarne la comodità navigando lungo il corso d’acqua sino allo sperduto villaggio di Pakambo, dove coinvolgiamo grandi e piccoli in un inaspettato e sconosciuto Nutella party.

Tutto è pronto. Ultime ad essere issate sono le bandiere dell’associazione, del Madagascar e della regione Trentino Alto Adige, l’ente che ha sostenuto finanziariamente il progetto. Il gran giorno è arrivato. Il dispensario brulica di suore orsoline, giunte dalle comunità che hanno sede in Madagascar. Desideroso di conoscerci onora la festa anche il cardinale Tsarahazana; rivediamo la Vicaria delle Orsoline suor Claire e l’economa generale suor Maria Giovanna, incontriamo il sindaco, funzionari ministeriali, sacerdoti, moltissima gente vestita a festa.  In tutti prevale la meraviglia e l’ammirazione nel trovarsi di fronte ad una struttura così moderna, così attrezzata, così impensabile per questa realtà.

Il taglio del nastro

Il taglio del nastro

Una speranza per la salute di molte persone ed una testimonianza della solidarietà. Tra balli, canti e molta felicità il cardinale impartisce la benedizione che è seguita da una pacifica ma impaziente invasione dell’ospedale da parte della gente: chi entra nelle stanze di degenza, chi guarda con sospetto bagni e docce, chi rimane incredulo nei locali tecnici davanti ad attrezzature sconosciute, chi entra rispettosamente nella sala operatoria, luogo che emana magia. Per molti si tratta di cose mai viste e la curiosità sorge spontanea e ci si accalca per vedere, scoprire, toccare. Di questo giorno ognuno certamente porterà a casa un ricordo da condividere in famiglia, o con gli amici e che trasformerà in una storia da rievocare nel tempo. Le ombre si allungano, gli ultimi ospiti lasciano il dispensario e sull’ospedale cala il silenzio. Anche noi ci ritiriamo, malaticci e stanchi per l’ultima notte ad Anivorano.  Si riparte al mattino, dopo un ultimo abbraccio a suor Sylvie che in questi giorni abbiamo fatto impazzire con le nostre richieste. Ripercorriamo la strada per Tanà dove arriviamo a sera inoltrata, non senza regalarci guasti ai fuoristrada e soste impreviste. Tosse, raffreddore e febbre iniziano ad infastidirci. Ora tornare a casa sta diventando una necessità, ma la sorpresa non manca. Stiamo per avviarci all’aeroporto quando veniamo avvisati che il volo è stato annullato! Cerchiamo frettolosamente un’alternativa per recuperare le coincidenze per Venezia. Niente. Non possiamo che rinviare la partenza al primo mattino. Una volta a Parigi attendiamo il rientro a Venezia previsto in tarda serata, ma dopo cinque ore di attesa siamo nuovamente bloccati all’imbarco: per un errore della compagnia aerea rimaniamo a terra. Siamo così sfiduciati che perdiamo anche la volontà di reagire. Qualcuno di noi combatte ancora, altri si rassegnano al destino avverso. Otteniamo quantomeno un albergo dove trascorrere la notte. Siamo a Parigi, ma non sogniamo il Moulin Rouge, vogliamo solo tornare a casa. La Tachipirina ci aiuta a rimetterci in piedi per raggiungere l’aeroporto. Aspettiamo, aspettiamo e finalmente saliamo sull’aereo che ci riporta a Venezia. Recuperiamo i bagagli e riabbracciamo Luciano che è tornato a recuperarci. Non ci sono parole per ringraziarlo della sua disponibilità e della pazienza che ha dovuto mettere in campo per assecondare questa avventura che lo ha involontariamente coinvolto. Ormai siamo a casa, nel nostro letto, tormentati da  brividi di freddo che si alternano a caldane improvvise; la tosse non dà tregua ed il naso continua a colare. Ci vorranno giorni per ristabilire una normalità di salute, ma non importa. Ciò che prevale è il ricordo di quanto abbiamo fatto, di quanto abbiamo dato, di come abbiamo vissuto.

Spegniamo la ragione e lasciamo parlare il cuore. Affiorano le immagini dei volti sereni dei bambini, percepiamo il loro desiderio di gioco, l’attesa di un abbraccio. Ritornano le strette di mano di tante donne ed uomini semplici che con dignità vivono la loro povertà. Ritorna il grazie commosso di molte suore che continuano sul campo una battaglia resa meno difficile dal nostro aiuto. Ritorna il silenzio e con esso la malinconia e la nostalgia di un mondo che non è il nostro, ma che ormai è parte di noi.